Chi non
conosce le Colonne di San Lorenzo? Sono uno dei monumenti più antichi ancora in
loco a Milano, ma non certo l’unico nel quartiere di Porta Ticinese. Chi sa
invece dove sono l’anfiteatro romano e la cappella di Sant’Aquilino?
L’arena
(in, beh, via Arena, ma si accede dall’antiquarium di via De Amicis) risale
alla prima metà del I secolo d.C. e sorgeva poco fuori dalle mura di Mediolanum
per evitare che il traffico e gli schiamazzi recassero eccessivo disturbo alla
città. Secondo le ricostruzioni doveva essere la più grande d’Italia dopo il
Colosseo e quella di Capua, ma oggi è davvero difficile notarlo. In origine
misurava poco meno di
40 metri di altezza e formava un’ellisse di 155x125
metri, di poco superiore a quella dell’arena di Verona, e poteva ospitare circa
20.000 spettatori. Per il trasporto di tutta la pietra necessaria venne deviato
un canale dalla Vettabbia e, a partire dal IV secolo, iniziò il processo di
smantellamento per recuperare la preziosa pietra ed evitare che l’edificio
divenisse una fortezza in quell’epoca di grande instabilità politica. I suoi
resti sussistono, oltre a quelli visibili nel parco a loro edicati, nelle fondamenta delle
basiliche di Sant’Eustorgio, San Lorenzo e porzioni della muraglia romana.
San
Lorenzo, edificata alla fine del IV secolo, è una sorta di puzzle composto da
pezzi di varie epoche. Le famose 16 colonne provengono da un grande edificio
pubblico sconosciuto, risalente al II secolo, e formano il lato esterno
della piazzetta (in precedenza porticata) di San Lorenzo almeno dal V secolo. Sull’arco orientato verso
il centro città è stata incastonata un’iscrizione dedicatoria a Lucio Vero,
imperatore assieme al fratello Marco Aurelio, ritrovata nel 1605.
La
maggior parte della basilica attuale è moderna, ma camminando verso la cappella
di Sant’Aquilino si possono notare alcuni capitelli collocati a testa in giù
per fare da base ad alcune colonne sui pilastri principali. Il portale marmoreo
che fa da ingresso alla cappella è stato reimpiegato da un altro edificio del I
secolo ed è decorato da curiosi rilievi raffiguranti otto divinità su carri da
corsa e motivi vegetali. Oggi la cappella risulta molto semplice e spoglia, ma
alcuni mosaici tradiscono l’opulenza che vi regnava una volta. Le sue tessere
dorate sono uno dei più antichi esempi di tale tecnica (la cappella precede di
pochi anni i meravigliosi complessi ravennati) e all’epoca della sua
costruzione le pareti erano completamente rivestite di mosaici e marmi
colorati. Proprio questa ricchezza e il sarcofago in marmo proconnesio (detto “di Galla Placidia” e riscolpito con motivi cristiani)
all’interno della cappella fanno pensare che questa sia stata in origine il
mausoleo imperiale di Teodosio I o di un suo familiare. Dietro il reliquiario barocco
di sant’Aquilino si accede al sotterraneo, dove si possono osservare le diverse
tipologie di blocchi dell’anfiteatro usati per le fondamenta della cappella.
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Capitello ribaltato |
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Il bel portale di ingresso |
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Resti di mosaici sulle pareti |
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Un Cristo imberbe consegna la legge agli apostoli |
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Ratto di Elia, nell'iconografia del Sol Invictus |
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Il sarcofago del III secolo, "cristianizzato" nel VI |
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Le fondamenta; notare i vari tipi di blocchi |
Infine
nell’altra cappella tardoromana, quella di sant’Ippolito, restano quattro
colonne romane in marmo numidico mentre, delle quattro torri campanarie visibili
all’esterno, quella di nordest è la meno alterata da rifacimenti.
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La torre meglio conservata |
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