Delle sei porte
principali di Milano, Porta Ticinese è l’unica di cui si possano vedere le
strutture sorte lungo la cinta muraria romana, medievale e spagnola.
Lungo il cardo maximus (l’antico asse viario che intersecava il foro e si dirigeva a sudovest verso Ticinum, oggi Pavia, e a nordest verso Monza) sorge Porta Ticinensis, edificata dai Romani nella seconda metà del I secolo a.C. Era costituita da due torri ottagonali che facevano da cornice ad altrettanti portali ad arco (uno per uscire, l’altro per entrare dalla città) e all’esterno sorgeva un ponte per attraversare il Nirone, parte del fossato navigabile del municipium. L'incrocio delle strade presso questa porta (quadrivium) ha dato il suo nome attuale al Carrobbio. La torre sulla destra per chi entra in città,
l’unico resto visibile, è conosciuta nel Medioevo come “torraccia” o “torre dei malsani” perché diventa l’abside di una chiesetta facente parte dell’ospedale di San Materno, un lebbrosario che sorge a ridosso delle mura romane. La domenica delle palme il vescovo, incamminandosi su una mula bianca da San Lorenzo, vi praticava l’abluzione di un malato prima di ripartire per la basilica di Sant’Ambrogio con l’abate di quest’ultima. Quando sorge l’Ospedale Maggiore, il lebbrosario cessa di esistere e case private inglobano la torre fino a che viene liberata dalla demolizione degli edifici danneggiati dai bombardamenti degli Alleati nel 1943. Oggi è parte di un ristorante e funge da scala per accedere all’interrato e al primo piano.
La finestra all'ultimo piano |
Vista dalla cima alle fondamenta |
Poco o nulla si sa della
successiva porta in legno, aperta durante l’effimera parentesi dei terraggi, i
terrapieni elevati poco dopo la calata nel 1154 dell’imperatore Federico
Barbarossa in Italia e distrutti assieme al resto di Milano nel 1162. La porta e
la città vengono ricostruite pochi anni dopo, ma è ad Azzone Visconti che si
deve la maggior parte dell’aspetto attuale dell’edificio, che fa ricostruire ex
novo negli anni ’30 del Trecento. La sua porta ha un solo fornice invece dei
due delle altre porte principali, perciò viene in seguito soprannominata “Porta
Cicca” (forse dal dialetto cicc,
“poco”, o dallo spagnolo chica, “piccola”);
nella base in pietra viene reimpiegata una stele funeraria romana, mentre
Giovanni di Balduccio realizza il tabernacolo sopra l’arco d’ingresso esterno
che raffigura il santo patrono di Milano che offre simbolicamente la città a
Maria con san Lorenzo, sant’Eustorgio e san Pietro Martire che assistono alla
scena (i tre santi sono legati alle vicine basiliche di San Lorenzo e
Sant’Eustorgio). Nel 1499 il re di Francia Luigi XII, che spodesta Ludovico il
Moro, vi fa il suo ingresso trionfale dando inizio alla lunga fase di dominio
straniero del ducato. Con l’abbandono delle mura medievali a vantaggio dei
Bastioni perde il suo scopo difensivo e viene letteralmente ricoperta di
caseggiati col passare del tempo. L’architetto Camillo Boito ne cura il restauro
nel 1861 eliminando le case, aprendo i due fornici ogivali per i pedoni nelle
torri ed inventandosi i merli guelfi in cima alla torre più alta. Ristruttura anche il ponte sul naviglio, ma oggi sono entrambi interrati.
Pompeo Calvi, Porta Ticinese nel 1857 |
Il tabernacolo con tracce di colore |
Verso la metà del
Cinquecento, con l’inizio del dominio degli Asburgo di Spagna, viene eretta la
nuova muraglia bastionata di Milano: le mura spagnole. Non si hanno molte
informazioni sull’ingresso originario, ma la Porta Ticinese in granito rosa di
Baveno che si vede oggi è inaugurata nel 1815 ed è opera dell’architetto
neoclassico Luigi Cagnola (che realizzerà anche l’Arco della Pace); voluta da
Napoleone a cavallo del Ticinello come Porta Marengo, dopo la sua sconfitta
viene rinominata dagli Austriaci Porta Ticinese, che vi aggiungono la scritta “paci populorum sospitae”, ossia “alla
pace protettrice dei popoli”.
La Porta Ticinese spagnola in una mappa del 1630 |
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